Solo con i Tuaregs

Charles de Foucauld

Dalle lettere e meditazioni

[Si consiglia di vedere prima “Generalità” di questa sezione]

8. Solo con i Tuareg – Tamanrasset

Il 22 luglio 1905, in marcia verso l’Hoggar, Charles inizia un nuovo taccuino, il Carnet di Tamanrasset e fa parlare così la sua “patrona” Maria Maddalena: “Gesù ti ha stabilito per sempre nella vita di Nazareth …. Prendi come obiettivo la vita di Nazareth, in tutto e per tutto, nella sua semplicità e nella sua ampiezza…: niente vestito particolare – come Gesù a Nazareth; non meno di otto ore di lavoro al giorno – come Gesù a Nazareth. In una parola, in tutto: Gesù a Nazareth”. Conclude: “La tua vita di Nazareth può essere condotta dappertutto: vivila nel luogo più utile al prossimo”[1]

 Sceglie Tamanrasset, perché è uno dei villaggi più poveri e isolati. Musa Ag Amastane, il giovane capo delle tribù (“amenokal”) dell’Hoggar, incontrato il 25 giugno, gliene ha dato il permesso. Arriva l’11 agosto e comincia a costruirsi un’umile casetta. Il 3 settembre la colonna Dineaux riparte e rimane solo con Paul Embarek, che considera catecumeno e che, per i pochi mesi che gli resterà vicino, gli permetterà di celebrare la messa come unico assistente. Rimane tra i Tuareg, a tre mesi di deserto dalla residenza di padre Guérin, senza risorse, senza altra protezione che la parola data da Musa. Padre Guérin gli scrive: “La considero come ‘consegnato alla grazia di Dio’ e pongo tutta la mia fiducia nel divino compagno di strada al quale si è consegnato”[2].

 

A madre Augustine[3] – Indirizzo: In Salah (far seguire), 15 settembre 1905

Reverendissima Madre, ricevo la sua lettera del 30 luglio. Mi è sempre dolce ricevere notizie della sua anima… Coraggio! È con la croce che si glorifica GESÙ, che si diventa simili a GESÙ.

…Capisco quanto le pesino l’assenza e il silenzio del suo direttore: stia sicura che il vuoto che le lascia è una sofferenza permessa da Dio per il suo perfezionamento, e non un ostacolo al suo perfezionamento. Perché Dio dà sempre tutto quello che occorre; noi, purtroppo, gli manchiamo spesso, lui non ci manca mai… Offra la sua croce, la benedica: glorifica GESÙ, la rende simile a lui, la distacca dalla terra, santifica le anime, dona le ali alla sua preghiera… Lei è tirata in sensi contrari: cerchi di vedere in quale dei sensi è il più grande amore, e vada in quel senso. L’amore è la perfezione; si può eccedere in tutto eccetto in amore: in amore, non si può mai andare abbastanza lontano…

…Vedo così bene che GESÙ vuole da noi che l’amiamo, che imitiamo la sua vita, che siamo le sue immagini, che lo lasciamo vivere in noi, continuare in noi la sua vita, e lo faccio così poco! Preghi per il suo miserabile e così indegno fratello…

Torno alle sofferenze della sua anima, tirata in sensi contrari. Se, dibattuta, non vede da quale parte stia il più grande amore, veda da quale parte sta la più grande, la più perfetta imitazione di GESÙ; e la sottometta a un direttore molto sicuro, che abbia lo spirito di GESÙ… Cercando con purezza, con semplicità di bimbo, l’amore che GESÙ ha detto essere il primo comandamento, l’imitazione di colui che le ha tanto e tanto ripetuto di “seguirlo”, e sottomettendo il tutto all’obbedienza (un’obbedienza ben scelta, a un direttore veramente sicuro), non si può sbagliare…

Se nonostante tutto, le oscurità, le contraddizioni persistono, riceva queste sofferenze come una croce, un Getsemani, e benedica sotto le spine… Queste ore d’annientamento e di dolore saranno forse le più fruttuose, le più glorificanti Dio, della sua vita. Non è all’ora del Tabor che GESÙ ha salvato il mondo, né nelle sue corse faticose, né con le sue meravigliose parole e i suoi miracoli: è nell’annientamento, all’ora dell’umiliazione più profonda, di dolore più intenso: “Uscite e vedete, figlie di Sion, il Re di Pace sotto il Diadema, di cui l’ha coronato sua madre, il giorno delle sue nozze, il giorno della gioia del suo CUORE”[4], è condividendo queste spine e questi annientamenti che glorificherà di più lo Sposo…

E se è solo la salute che la blocca, si offra in tutto e per tutto: periscano gli ultimi resti di questo povero corpo… Ha tanta salute quanta Santa Teresa e San Bernardo, perché non se ne può avere meno di loro; ne abbiamo sempre abbastanza per dare la propria vita, per morire per GESÙ, ed è quanto basta.

Per lei sola, non sono ad In Salah, ma nel cuore dell’Hoggar, dove passerò l’inverno, può darsi la primavera, e forse di più, può darsi sempre… sono a quattro giornate a sud d’In Amgel, in un piccolo agglomerato dove mi sono stabilito sotto una capanna[5]

A padre Charles Guérin – Tamanrasset, 17 settembre 1905

…Mi chiede i miei progetti. Poiché voi [i Padri Bianchi] non sperate di realizzare nuove fondazioni prima di molto tempo, è tanto più necessario che resti qui io e passi qui le annate intere o quasi intere finché vi ci stabiliate voi, ossia forse fino alla fine della mia vita.

È il primo dovere per me, poiché questo paese più abbandonato di qualsiasi altro sembra anche, per il carattere dei suoi abitanti, offrire un terreno più propizio al mio genere di cultura.

Sembra che sarebbe desiderabile che Beni-Abbès non fosse totalmente abbandonata, e che alle Oasi militari e indigene continuino a vedere, di tanto in tanto, dei marabutti6 cristiani.

Sarei più contento di rimanere assolutamente qui, senza muovermi; sarebbe la cosa migliore per le anime in mezzo alle quali sono, e più conforme alla mia vocazione ordinaria, vita di Nazareth.

…Farò quello che mi dice di fare. Ma se non mi esprime molto nettamente il suo parere, non so se la raggiungerò da qui a un anno. Farò quello che credo meglio, secondo le circostanze… Ho bisogno di dire quanto mi sarebbe caro vederla? Ma non ho assolutamente niente d’importante da dirle… Le ho scritto via via ogni cosa, e non ho niente di seriamente utile da dire… Confessarmi, ne sarei molto desideroso, ma non credo di dover fare per questo un viaggio di due o tre mesi…

…Insomma, non faccio progetti. Resto qui, senza intenzione prossima di viaggio, lasciandomi guidare dalla provvidenza, augurandomi che lei stesso possa venirvi ogni anno7.

…Buona festa, amatissimo Padre, questa le arriverà più o meno per S. Carlo8… …Mantenga il segreto sul mio insediamento qui: il silenzio è buono. Dacché la grammatica e i lessici tamasceq saranno finiti, gliene invierò copia9.

A padre Charles Guérin – Tamanrasset, 30 novembre 1905

Amatissimo e veneratissimo Padre, le mando la lista delle correzioni da fare ai quattro vangeli tradotti in tuareg10… Lavoro a una grammatica abbreviata e a dei lessici abbreviati tuareg-francese e francese tuareg: Appena saranno finiti, gliene manderò una copia.

Vedendo pochissimo quel che il buon Dio vuole che faccia nel 1906, ho appena finito il ritiro annuale, dalla Presentazione della Vergine a S. Andrea, chiedendo luce a GESÙ… Il riassunto è questo: che devo fare tutto quello che posso di meglio per le anime di questi popoli infedeli, in un oblio totale di me. Con quali mezzi? Con la presenza del Santissimo Sacramento, il santo Sacrificio, la preghiera, la penitenza, il buon esempio, la bontà, la santificazione personale – impiegando io stesso questi mezzi e facendo tutto il possibile per moltiplicare chi li impieghi. …Per il momento, mi sembra che bisogna restare nell’Hoggar ancora abbastanza a lungo, prima di viaggiare, in modo da mostrare bene che il mio insediamento vi è definitivo, da intessere bene legami di conoscenza con gli indigeni e abituarli a me.

…Penso tutti i giorni alle Suore Bianche e al bene che farebbero qui11. Se fondassero un ospizio (indigeno, sotto delle capanne di canne) di vecchie negre, sarebbe pieno presto: C’è un gran numero di schiave; quando le negre sono vecchie, i padroni le affrancano, e allora sono totalmente senza risorse, perché non hanno né marito né famiglia; vivono con le capre e come le capre.

…Cerchi di avere i due compagni, i due giardinieri12 francesi, di cui ho bisogno: devono essere ben decisi a ogni povertà e ogni abiezione… …Senza dubbio occorre pazienza e grande pazienza: pazienza aspettando a lungo, molto a lungo, che il chicco seminato germogli; pazienza impiegando i mezzi più saggi, più sicuri, benché siano molto lenti; pazienza continuando a lavorare con tutte le forze nonostante l’insuccesso, gli ostacoli, le contraddizioni, l’incertezza del successo: ma questa pazienza non esclude i grossi sforzi, sforzi non soltanto per impiegare bene i mezzi che si hanno, ma anche per creare quelli che mancano::: Permetta al suo umile e affezionato figliolo di dirle questo: lei sa che ha un solo cuore con lei, che le vuol bene e la venera con tutto il cuore, e che vorrebbe vedere i pochi cattolici che ci sono nella sua prefettura diventare, da granello di senape, grande albero13

[Non è il momento di mandare missionari: il 9 dicembre il Senato francese ratifica la” legge di separazione” tra Chiesa e Stato, che comporta l’abrogazione del Concordato, l’incameramento dei beni della Chiesa, compresi gli arredi sacri, sequestrati a volte con interventi della polizia. Vengono chiusi i seminari, le suore insegnanti sono sostituite da insegnanti laici e quelle ospedaliere da infermiere laiche. Diversi monasteri e conventi emigrano all’estero. I cattolici che resistono alle confische sono imprigionati. Charles viene via via informato dai Trappisti e da p. Guérin. Pio X reagirà ben presto al governo anticlericale francese con due successive encicliche: Vehementer nos e Gravissimo officit.]

Alla cugina Marie de Bondy – 16 dicembre 1905

…Non si tormenti nel sapermi solo, senza amici, senza aiuto spirituale: non soffro affatto di questa solitudine, ma la trovo dolcissima; ho il Santissimo Sacramento, il migliore degli amici, al quale parlare giorno e notte; sono contento e non mi manca nulla. Tutto il tempo che non dedico alla preghiera, alla cura dei malati, ad accogliere i visitatori o i poveri che vengono a trovarmi, lo occupo nei lavori attorno alla lingua tuareg; ne avrò ancora per sei mesi prima di portarli a termine14. In autunno avevo molte visite di indigeni, ma ora sono pochissime; il freddo, per quanto non intenso, fa rimanere ciascuno sotto la sua tenda, perché la gente è vestita e nutrita così poco da essere freddolosa. Desidera sapere cosa posso fare per gli indigeni: non bisogna parlar loro direttamente di Nostro Signore, perché significherebbe farli scappare. Occorre entrare in confidenza con loro, farseli amici, render loro piccoli servizi, stringere amicizia, dar loro buoni consigli, esortargli con discrezione a seguire la religione naturale, dimostrare che i cristiani vogliono loro bene… Tanto qui che a Beni-Abbès, come pure nelle regioni intermedie, non c’è altro da fare per il momento, nei confronti della popolazione in generale; se si incontra qualche anima ben disposta, allora si può andare più avanti…Da questo punto di vista i miei viaggi non servono, perché dovrebbero avere un miglior seguito… Faccio ogni sforzo per trovare uno o due che mi aiutino; se potessi lasciarne uno qui e uno a Beni -Abbès, mentre io vado da una parte all’altra, quanto sarebbe bene per le anime!

Preghi, preghi molto per l’immenso gregge del Sahara e del Marocco, del quale Gesù vuole che mi occupi, in attesa che Egli mandi migliori pastori! Il negretto di vent’anni, ora catecumeno, che ho portato con me da Beni-Abbès, mi serve la messa; non è che sia contento di lui, ma non avendo nessuno che mi serva la messa mi sento quasi bloccato15

[Per farsi aiutare con metodo scientifico alla ricerca linguistica, Charles invita a Tamanrasset l’amico Motylinski16, specialista d’arabo e di berbero, che ha incontrato nel 1881 e 1885 nel Sud Oranese.]

Alla cugina Marie de Bondy – Tamanrasset, 20 aprile 1906

Ho visto per due giorni un ufficiale francese di passaggio, ed ora eccomi solo per non so quanto tempo: solo col buon Dio, cioè nella più dolce e più benedetta solitudine, con la migliore compagnia… Aspetto Motylinski tra qualche giorno, ma non sono del tutto certo del suo arrivo. Non so nulla di nuovo circa la richiesta di suore che, per bontà, è stata fatta17… voglio dirle cosa mi viene da pensare a questo proposito: se i superiori non acconsentono, forse mi sarà possibile trovare delle “infermiere laiche” – laiche nell’abito, ma votate a Gesù col cuore – che accettino e desiderino venire per dedicarsi a Gesù e per Gesù così lontano, in una totale dedizione, senza l’appellativo né l’abito di religiose, ma con la verità e lo spirito di una vita religiosa la più completa, la più perduta in Dio che possa esserci… Per delle anime ardenti, sarebbe una forte attrattiva…18

[Il 3 giugno 1906, Pentecoste, quando ormai Paul Embarek lo ha lasciato e ha vissuto un periodo di grande solitudine, con rare occasioni di ricevere posta, accoglie con gioia a Tamanrasset il linguista Motylinski, col quale lavora intensamente tre mesi. Ripartiranno insieme verso Nord il 12 settembre.

Dal 12 settembre1906 al luglio 1907, Charles fa un lungo giro: risale a Beni-Abbès e quindi ad Algeri. Lo scopo è raggiungere il noviziato dei Padri Bianchi a Maison-Carrée e trovarvi un fratello per Tamanrasset. Effettivamente il 10 dicembre parte con lui, accompagnandolo fino a Beni-Abbès (dove passano il Natale) e a In Salah, il giovane fratello Michel (1883-1963), che però non resiste alle fatiche del viaggio, alla frugalità del cibo del deserto, al regolamento stretto. Il 7 marzo 1907 lo dovrà lasciare. Charles prosegue il lungo viaggio di ritorno da solo.

Motylinski nel frattempo muore di tifo e Charles lo viene a sapere mentre si trova ad In Salah. Scrive allora alla vedova.]

Alla signora de Motylinska, Medjersa à Costantine – In Salah, 15 marzo 1907

Signora, è con il più profondo dolore che apprendo la disgrazia che la colpisce e che colpisce me nello stesso tempo. L’immensa perdita che subisce è irreparabile, come sa. Anche per me. Chiamando a Lui, il migliore degli sposi, Dio mi priva del più affezionato, del più sicuro, del più fedele degli amici. Non posso esprimere il dolore in cui mi sprofonda questa disgrazia. Qualche mese fa, ero qui con lui. Era pieno di vita ed era rimasto durante il suo lungo e faticoso viaggio in una salute così perfetta che ne ero stupito, sperando per lui lunghi anni, per lui e per me frequenti arrivederci, conversando sui suoi progetti avvenire.

Il Buon Dio getta tutto questo in un momento nel nulla. La priva della sua felicità, del suo sostegno, di quello di cui lei e le sue figlie avete tanto bisogno, di colui al quale tanti cuori erano conquistati dalle sue virtù ammirevoli, la sua bontà così grande, il suo spirito superiore. «Il Buon Dio ce l’aveva dato, il Buon Dio ce l’ha tolto. Benediciamo Dio in tutto».

Il nostro dolore c’è, grande, perché il dono che Dio ci aveva fatto in lui era grande. Il nostro dolore sia mescolato di riconoscenza. Piangendolo ringraziamo Dio di avercelo donato per tanti anni!

E il nostro dolore sia mescolato di speranza. Questa separazione così lacerante, così crudele, non è eterna. Egli è andato a prepararle il posto, a precederla nella Patria Eterna dove passerà con lui l’Eternità in una felicità senza fine, ricompensa delle sue virtù. Verrà il giorno della riunione e allora la riunione sarà eterna. Questa triste vita passa rapidamente e presto verrà il nostro turno di raggiungere gli esseri amati che ci hanno preceduto. Lei non è sprovvista, né lei né le sue figlie, del suo sostegno. Invisibile per lei, egli la vede, l’aiuta con le sue preghiere molto più potenti ora che è così vicino all’autore e di tutti i beni e che vive in una tale luce nel soggiorno della gloria. Egli prega per lei e per le sue figlie, vede i vostri bisogni, le vostre tristezze, il vostro dolore, il vostro isolamento, vede in ogni istante la vostra vita, giorno e notte. Per lui, niente più sonno, niente più assenza, i suoi occhi non la lasciano più. Continuamente, egli veglia su di lei e sulle sue figlie, diventato per lei e loro un secondo angelo custode. Lo preghi, gli parli. Egli l’ascolta, la guarda, l’aiuta continuamente. Invisibile, è con lei molto più continuamente di quando viveva quaggiù perché ora appartiene alla vita degli eletti e degli angeli.

Anch’io lo prego, gli parlo, è cessata tra noi la separazione. Mi vede e mi ascolta continuamente. Lo prego di aiutarmi a guadagnare, come aiuta lei, la Patria Eterna per la quale siamo creati. Pregandolo, prego per lui e per lei. Tutti questi giorni celebro ogni mattina la Santa Messa per lui. Supplico Gesù di darle forza per sopportare una prova così dolorosa e di proteggere più che mai lei e le sue figlie. Ogni giorno pregherò per lei e per loro.

Il suo umilissimo e rispettoso servo, profondamente devoto nel Sacro Cuore di Gesù – Charles de Foucauld19.

[Lo stesso giorno scrive al prof. René Basset della Facoltà di Lettere d’Algeri, per dirgli che prenderà il posto di Motylinski per continuare da solo il lavoro linguistico sulla lingua dei Tuareg. E non perde tempo: durante la traversata del deserto verso l’Hoggar, seguendo una colonna militare dove si trova un buon interprete, s’impegna a farsi recitare poesie tuareg e a trascriverle: riesce a raccogliere ben 6000 versi!

 Lungo il cammino può anche celebrare grazie ai soldati francesi. Ma a Tamanrasset sarà di nuovo solo e senza Eucarestia. Non è questione di poco conto, ma ora non ha più dubbi: resterà nonostante tutto.]                                                                                                                                          

A padre Charles Guérin – Fra Tit e Abalessa (Hoggar), 2 luglio 1907 – Visitazione di Maria. 20

…Passo ancora qualche giorno nei pascoli con il distaccamento, per approfittare di Ben Messis21 e portare avanti gli studi tuareg con lui; fra quattro o cinque giorni, parte per In Salah con il capitano Dineaux (sempre perfetto per me come tutti i Francesi del distaccamento); subito dopo m’incamminerò per Tamanrasset.

Grazie ai Francesi del distaccamento, non ho mai mancato di chi mi servisse la messa dalla mia partenza da In Salah. Molto spesso non ho potuto dire la messa, ma è stato non per mancanza di assistenti, ma perché il caldo forzava a camminare di notte o a partire estremamente di buon’ora.

Come farò a Tamanrasset? Sta al Divino Maestro aggiustare la cosa. Può darsi che un Francese del distaccamento un po’ affaticato possa venire a passare un po’ di tempo all’eremo per riposarsi, ma non è sicuro. Può anche darsi che riprenda con me il ragazzo negro Paul che è venuto a trovarmi qualche giorno fa e si è comportato bene, dicono, da un po’ di tempo; se mi chiede di condividere come prima le preghiere, potrà di nuovo servire la messa come per il passato… Ci pensi GESÙ! …

La domanda che pone – è meglio soggiornare nell’Hoggar senza poter celebrare la messa, oppure celebrare e non andarvi – me la sono posta spesso… Essendo il solo prete che possa andare nell’Hoggar – mentre molti possono celebrare il santissimo Sacrificio – credo che sia meglio andare nonostante tutto nell’Hoggar, lasciando al buon Dio di darmi io mezzo di celebrare, se lo vuole (ciò che ha fatto sempre fino ad oggi con i mezzi più vari). Un tempo ero portato a vedere da una parte l’infinito, il santo Sacrificio, dall’altra il finito, tutto quello che non lo è, e a sacrificare tutto alla celebrazione della santa messa… Questo ragionamento però deve peccare in qualcosa, poiché dagli apostoli in poi i più grandi santi in certe occasioni hanno sacrificato la possibilità di celebrare ad opere di carità spirituale, viaggi o altro. Se l’esperienza mostrasse che può capitare che debba restare parecchio tempo a Tamanrasset senza celebrare, bisognerebbe, credo, che vi facessi soggiorni meno lunghi, non limitarmi però ad accompagnare distaccamenti, la qual cosa non è affatto lo stesso che risiedere da solo. Risiedere da solo nel paese è bene; vi è possibilità di agire, anche senza fare granché, perché si diventa “del paese”, vi si è così accessibili e “piccolissimi”! … Poi, a Tamanrasset, anche senza messa quotidiana c’è il Santissimo Sacramento22, la preghiera regolare, le lunghe adorazioni, gran silenzio e grande raccoglimento per me: grazie per tutto il paese sul quale irradia la santa ostia…

…Motylinski era, da venticinque o trent’anni, intimamente legato col Signor Basset23, direttore della Scuola di lettere d’Algeri e scienziato di grande valore, in tutto ciò che riguarda le cose arabe e berbere. Non dubitando che fosse lui a pubblicare i documenti accumulati dal mio caro amico, gli ho scritto non appena ho appreso la triste notizia, mettendomi al suo servizio per inviargli, come facevo per Motylinski, tutte le informazioni necessarie per completare il lavoro. Ho appena ricevuto la sua risposta: è lui, effettivamente, che pubblica tutto. Pubblicherà nelle opere di Motylinski una piccola grammatica, dei lessici, dei dialoghi, dei testi per i quali mi chiede qualche informazione complementare che gli invierò, mano a mano che me li posso procurare. In tal modo non andrà perduto niente dei lavori del nostro amico… Lei sa in che senso, con che pensiero ne ho piacere… Ho espresso l’esigenza che, da nessuna parte, sia pronunciato il mio nome e che non mi si consideri più che se non esistessi…

…Mi è dolcissimo scriverle oggi: è la festa della visitazione della Santa Vergine, festa patronale dei Piccoli Fratelli del CUORE di GESÙ, se questi Piccoli Fratelli esistessero, modello di quello che deve essere il suo povero figliolo e i suoi fratelli, se GESÙ glieli desse… Portare GESÙ in silenzio tra i popoli infedeli e santificarli silenziosamente con la presenza del santo Tabernacolo, come la Santissima Vergine santificò la casa di Giovanni portandovi GESÙ.

…Lei sa la mia vita a Tamanrasset, il mio doppio lavoro che è il mettere in fiducia i Tuareg e lo studio della loro lingua allo scopo di preparare il posto24

[Tornato a Tamanrasset da solo il 6 luglio 1907, Charles trova la popolazione più calorosa e accogliente. Ma è tempo di fame nera e non può fare a meno di cominciare a distribuire le sue riserve di grano. Ma due nuove realtà gli si fanno presenti. Una è l’insediamento stabile di militari nella zona dei Tuareg e quindi l’apertura alla penetrazione araba e francese. L’altra, è la riforma politico-religiosa che Musa Ag Amastane, “intelligente, ambizioso, musulmano fervente e praticante”, anche lui convertito da poco, ha intenzione di mettere in atto, cercando di fare di Tamanrasset la “capitale” del suo “regno musulmano”25: è la grande contraddizione!]

A Suzanne Perret. 26 – Tamanrasset, 25 luglio 1907

Sorella in GESÙ, lo sposo Divino ha voluto che la sua lettera del 10 dicembre mi arrivasse soltanto qualche giorno fa. La ringrazio di avermi scritto e ringrazio GESÙ di averglielo ispirato.

…Ai tempi delle nostre prime lettere, vivevo solitario a Beni-Abbès nel Sahara, alla frontiera marocchina. Dopo diversi anni passati là, senza poter penetrare utilmente più oltre dentro il Marocco, si è presentata un’occasione di andare verso un altro popolo, che vive a 2.000 chilometri più a Sud, nel cuore del Sahara, i Tuareg, presso i quali non era mai penetrato nessun prete. Secondo il parere del mio direttore, da quel momento mi sono diviso tra Beni-Abbès e i Tuareg27; ho costruito nel cuore del loro paese un povero piccolo oratorio da cui GESÙ, dal fondo del tabernacolo, prende possesso del suo regno e diffonde le sue grazie. Ogni anno passo circa tre mesi a Beni-Abbès, cinque a Tamanrasset (nel paese Tuareg) e quattro a fare, andata e ritorno, questo lungo viaggio; questi quattro ultimi mesi sono impiegati utilmente, perché le regioni attraversate sono popolate, e in questi passaggi ripetuti, faccio quel che posso per le anime. Durante i tre mesi passati a Beni-Abbès, mi metto nella misura del possibile in relazione con i Marocchini, pronto ad avanzare nell’interno del paese quando GESÙ darà la possibilità di farlo utilmente… Sia a Beni-Abbès, sia a Tamanrasset, sia in viaggio, mi trovo in presenza di popolazioni universalmente musulmane, che hanno tutte una profonda fede, unita a una grande ignoranza … Data la loro fede che li fa interrompere violentemente la conversazione non appena si parla della nostra religione …, siccome i loro pregiudizi fanno sì che ci sfuggano, che entrino in rapporto con noi  solo se vi sono forzati, rendono questi rapporti più rari e superficiali possibile, che ci guardino soprattutto come incapaci di portar loro alcun bene spirituale, poiché noi siamo un miscuglio d’ignoranza, di follia, di superstizione e d’infamia, degli idolatri dai costumi odiosi… Davanti a tutto questo non c’è che una via da seguire, prima di tutto prendere contatto, far cadere i pregiudizi, far conoscere la morale cristiana, la carità, fondamento della religione divina, farci vedere religiosi, avvicinare a poco a poco le anime, così lontane, metterle in fiducia, e se possibile in amicizia; poi ricondurle alla legge naturale, portarle ad allontanarsi da ciò che sanno essere peccato, condurli a servire Dio secondo la legge naturale, poi istruirli, sviluppare le loro facoltà di conoscere e di comprendere, renderli capaci di ragionare, d’esaminare, di confrontare; e infine proporre loro la verità della nostra fede, alla quale li avranno preparati la stima per noi, una vita più pura, un’intelligenza più aperta… È l’opera non di anni, ma di secoli… Io sono solo al primo periodo, alla presa di contatto

A padre Charles Guérin – Tamanrasset, 15 settembre 1907

…Ho chiesto a GESÙ, dal primo all’ultimo giorno del ritiro28, d’illuminarmi… Santo Sacrificio, presenza dell’eucarestia nel tabernacolo, santificazione personale, preghiera, croce, santi esempi, bontà, parola: ecco gli otto mezzi che GESÙ ci dà, a mio avviso… Si tratta dunque di moltiplicare, di far crescere tutto questo… Quanto a me, mi devo appoggiare soprattutto sulla santificazione personale, la preghiera e la croce, applicandomi con più coraggio. Quanto alla parola, è a lei che è affidato questo mezzo, non a me, il cui dovere è il silenzio. A questo proposito, persisto nel pensiero d’un tempo, che fintanto non vi è possibile entrare dove volete, a vele spiegate, bisogna entrarci a piccolo canottaggio, inviare degli Aquila e Priscilla… È ciò che fanno i missionari in una quantità di paesi; è quello che hanno fatto gli apostoli e i loro successori per i tre secoli di persecuzione…

…Quanto a cercare a Ghardaia, Uargla, la solitudine, amatissimo Padre, se vedesse Tamanrasset dove sono da quasi due mesi e mezzo senza aver visto un Europeo, e dove in fatto d’indigeni non vedo per così dire mai nessuno se non i poveri che vengono a chiedere l’elemosina, dove la “città” è composta d’una quindicina di capanne di canne e la cappella è lontana di parecchie centinaia di metri, se vedesse la solitudine di Tamanrasset, non mi parlerebbe d’andarla a cercare al Mzab…

[Descrive minuziosamente i progetti “missionari” concreti, quindi torna al tema del ritiro].

…Quello che soprattutto vedo chiaramente, è che bisogna sviluppare nel Sahara, moltiplicarvi, il numero dei tabernacoli, il numero delle anime sante, e il numero delle anime che pregano e che soffrono… soffriamo e preghiamo noi stessi il più possibile, perché è con la croce che GESÙ ha salvato le anime, e mai saranno salvate senza croce. Preghiamo, poiché GESÙ ha passato tante notti in preghiera e ci rimprovera quando non possiamo “vegliare un’ora con lui”. Santifichiamoci, perché convertirsi, è lasciare GESÙ vivere in noi, è far sì che i nostri atti non siano più dei poveri atti semplicemente umani, ma gli atti di GESÙ, di un’efficacia divina e infinita. Facciamo tutti i nostri sforzi per moltiplicare i tabernacoli, è GESÙ che vive e irradia, benché nascosto come a Nazareth. Facciamo anche tutti i nostri sforzi per moltiplicare le messe: ognuna è un nuovo Natale29…Ecco ciò che mi mostra chiaramente il ritiro.

…Non m’inquieto per niente di questa mancanza di celebrazione del santo Sacrificio: da parte mia, ho fatto tutto quello che potevo; è facilissimo al buon Dio di darmi la sola cosa che mi manca: l’autorizzazione di celebrare da solo, oppure un compagno…

… “In angustia temporum30 è stato ricostruito il tempio; e San Giovanni Crisostomo dice che non è per niente nell’idea “di stare tranquilli” che ci si fa monaci, ma al contrario per non esserlo affatto e portare la croce con GESÙ31Dalla partenza dei militari, il 4 luglio 1907, al 1° febbraio 1908, fr. Charles può celebrare solo occasionalmente. Per sei mesi non riceve posta. Ma resiste: vuole stare con i più abbandonati e lontani. Immagina anche che uno scrittore cattolico di fama, come René Bazin, possa scrivere un libro “attraente e di facile lettura”32, per sensibilizzare l’opinione pubblica francese rispetto ai suoi doveri di evangelizzazione e promozione umana nei confronti dei popoli colonizzati.

Da quasi due anni non piove. In un paese dove i poveri vivono quasi solo di latte, non c’è neppure quello: “Le capre sono asciutte come la terra e le persone come le capre”33. Sarà il periodo dell’estrema desolazione: rimane senza nessuna riserva di viveri, non vede un francese da mesi, per più di sei mesi non riceve posta…] 

Alla cugina Marie de Bondy – Tamanrasset, Natale 1907

Questa notte niente messa, per la prima volta in 21 anni33: sia fatta la volontà dell’Amatissimo… Nella sua misericordia, Egli mi conserva il Santissimo Sacramento34… Fino all’ultimo momento ho sperato che venisse qualcuno, ma niente: né un viaggiatore cristiano, né un militare, e nemmeno il permesso di celebrare da solo. Sono tre mesi, più di tre mesi che non ricevo lettere… sia benedetta in tutto la volontà dell’Amatissimo35

A don Huvelin – Tamanrasset, 1° gennaio 1908

Padre amatissimo, le faccio da lontano la mia visita filiale di Capodanno e di buon mattino le auguro un santo e buon anno ed il cielo! Gesù la benedica, viva sempre più intimamente in lei e per mezzo di lei negli altri, la faccia essere e diventare in ogni momento ciò che più Gli piace e le conceda, dopo la prova di quaggiù, il Suo paradiso.

Rinnovo la richiesta che le avevo fatto in una lettera precedente a proposito di un libro veramente necessario: dovrebbe mirare ad infondere e a far penetrare il giusto concetto dei nostri doveri verso i milioni d’anime che popolano l’impero coloniale francese, divenuto tutt’a un tratto così esteso36

…Creda al suo figliolo ormai quasi vecchio, che vive tra infinite miserie per le quali non si fa e non si vuole far nulla; potendo e dovendo operare tanto bene, si aggrava al contrario la pietosa situazione morale e intellettuale della popolazione, in cui si vede unicamente un mezzo di lucro materiale. In noi cristiani che professiamo una religione d’amore, nei nostri francesi miscredenti che predicano sui tetti la fraternità, gli indigeni non vedono che negligenza, ambizione, cupidigia – e in quasi tutti, ahimè, indifferenza, avversione e durezza…

…Non occorre che mi raccomandi alle sue preghiere: lei conosce le mie miserie e sa quanto ho bisogno che lei preghi per me. Sono più di ventun anni che mi ha ricondotto a Gesù e che è mio padre, quasi diciotto anni che sono entrato in convento; ho ormai cinquant’anni: quale messe dovrei aver raccolto per me e per gli altri! Invece mi trovo nella miseria e nella privazione ed agli altri non ho procurato il minimo bene… Poiché dai frutti si conosce l’albero, posso sapere ciò che sono. Preghi dunque per il suo figliolo così povero e indegno.

M’inginocchio ai suoi piedi impetrando la sua benedizione. Lei conosce il mio sincero affetto e la mia stima filiale nel Cuore dell’amatissimo GESÙ. – fr. Charles di Gesù37.

[In questi primi giorni dell’anno dei suoi cinquant’anni, stremato dalle fatiche e dalla denutrizione, Charles si ammala. Ma il giorno che ricorda il suo “più grande sacrificio”38, il 15 gennaio, risponde in tono vigoroso all’invito di padre Guérin di pubblicare i testi linguistici sotto il suo nome]

A padre Charles Guérin – Tamanrasset, 15 gennaio 1908

Finalmente la posta e una sua lettera, quella del 18 ottobre… Ho fatto di tutto per farle sapere il più presto possibile che non avrei potuto essere né a novembre, né neanche a Natale a El Golea, ma non so se ha ricevuto la notizia a tempo. Nel caso in cui, a causa mia, avesse fatto un viaggio inutile, riceva le mie più profonde scuse e l’espressione del mio rammarico… lei sa quanto è difficile corrispondere a queste distanze…

…Padre amatissimo, mai, mai, mai, permetterò che sia pubblicata qualcosa sotto il mio nome da vivo, e proibirò che lo si faccia dopo la mia morte… Non sono questi mezzi che ci ha dato GESÙ per continuare l’opera della salvezza del mondo… I mezzi di cui si è servito al presepio, a Nazareth e sulla croce sono: povertà, abiezione, umiliazione, abbandono, persecuzione, sofferenza, croce39. Ecco le nostre armi, quelle del nostro Sposo divino che ci chiede di lasciarlo continuare in noi la sua vita, lui l’unico Amante, l’unico sposo, l’unico Salvatore, e anche l’unica Sapienza e l’unica Verità… Non troveremo meglio di lui, e lui non è invecchiato… Seguiamo questo modello unico40  e siamo sicuri di fare molto bene perché, da allora in poi, non siamo più noi che viviamo, ma Lui che vive in noi;  i nostri atti non sono più i nostri propri atti, umani e miserabili, ma i suoi, divinamente efficaci.

…Mi spiace che abbia visto L. davanti a un confratello, la conversazione sarebbe stata più intima a tu per tu; sia certo che non farà mai un bene serio agli ufficiali se non li vede abitualmente a tu per tu: è solo in un colloquio senza testimoni che ci si confida ed è soltanto da colloqui senza testimoni che può nascere l’affetto, la fiducia che permette col tempo di fare del bene alle persone.

…Continua a dispiacermi molto vivamente il fatto che Padre de Chatouville non mi raggiunga41. Se muoio domani, quello che ho fatto qui e niente è quasi la stessa cosa; se muoio mentre lui è con me, l’opera resta, il bene si fa lentamente e con poco rumore, ma con perseveranza, e GESÙ ha il suo tabernacolo e il suo prete in quest’angolo del suo Regno42

[Il 20 gennaio 1908 è sfinito al punto di sentirsi morire. Scrive nel taccuino: “Sono malato, costretto ad interrompere ogni lavoro. Gesù, Maria, Giuseppe, a voi dono la mia anima, il mio spirito, la mia vita”43. Per la prima volta, con i Tuareg, sperimenta la reciprocità dell’amicizia. Musa ag Amastane avverte Laperrine, mentre altri vanno a cercare “tutte le capre che abbiano un po’ di latte in questa terribile siccità, in un raggio di quattro chilometri”44. Gli salvano la vita! Ma per tutto il mese deve osservare il riposo assoluto.

Il 31 gennaio gli arriva la notizia del permesso (ottenuto dai Padri Bianchi dalla viva voce del papa, senza documenti scritti) e Charles il 1° febbraio può finalmente celebrare l’eucarestia, anche se è il solo cristiano nel raggio di 600 chilometri di deserto: è il suo “Natale”45.]

A padre Charles Guérin – Tamanrasset, 6 marzo 1908

Amatissimo e veneratissimo Padre. Ho ricevuto tre giorni fa tutte le lettere che mi sono state scritte dal mese d’agosto (a parte qualche lettera arrivata in gennaio); tra l’altro ci sono le sue lettere del 1° settembre 1907, del 21 settembre 1907 e del 21 gennaio 1908. Grazie di cuore di tutte… e grazie senza fine di questa grazia così grande di poter celebrare la santa messa senza assistente, ottenuta grazie a lei. Come dirle la mia riconoscenza? La sente meglio di quanto possa esprimerla…

…Sente bene anche che non è senza dolore che l’indomani dell’arrivo delle sue lettere, ho tolto il santo Sacramento dal tabernacolo dove degnava risiedere da luglio; ma “Chi mi ama mi obbedisce”. Ho chiesto a Lui di farle riuscire le procedure per ottenere per me quest’altro favore, oppure d’aggiustare le cose in qualche altro modo perché Egli riprenda possesso del suo tabernacolo e ricominci a regnare corporalmente su questa parte del suo Regno.

…Le ho detto, nella mia ultima lettera, che ero stato molto affaticato. Ora vado bene ed ho ripreso il lavoro, ma più moderatamente. Il mio pensiero è di non lasciare l’Hoggar se non in stagione fresca, in ottobre, e di essere a El Golea per il 21 novembre.

Non stia in pensiero per la mia salute. Ho ricevuto da In Salah due cammelli carichi di ghiottonerie (vino, latte, ecc.).

…Predicare GESÙ ai Tuareg, non credo che GESÙ lo voglia né da me né da nessuno. Sarebbe il mezzo di tardare, non d’affrettare, la loro conversione. Li renderebbe diffidenti, li allontanerebbe, invece di avvicinarli… Quel che c’è da fare, per gli altri e per me – che mi credo chiamato alla clausura, e che qui vivo in clausura – è quello che indico nella lettera a Monsignore [Livinhac, superiore generale dei Padri Bianchi]… Bisogna andare molto lentamente, farli nostri amici, e poi dopo, a poco a poco, si potrà andare più lontano con alcune anime privilegiate che saranno venute e avranno visto più delle altre, e che, loro, attireranno le altre… Ci vorrebbe soprattutto l’istruzione per queste povere anime… Preghiamo e lavoriamo…

Le mie giornate passate con il khodja46 di Musa non sono inutili alle anime, a parte il lavoro linguistico; queste conversazioni perpetue mettono nel suo spirito tanti pensieri nuovi, fanno cadere parecchi errori, gli danno luce su molti punti, e da lui tutto questo passa ad altri. Personalmente è così e non altrimenti che credo occorra, non tanto predicare GESÙ, ma preparare la sua predicazione. Anche altri preti, non votati alla solitudine, non avrebbero attualmente altra opera da fare, solo che farebbero molto quello che io faccio appena un po’47

Alla cugina Marie de Bondy – Tamanrasset, 8 marzo 1908

…Quanto bene avrebbe fatto Gesù evangelizzando il mondo durante gli anni oscuri di Nazareth? Eppure, ha creduto di farne di più restando in silenzio… E nostro padre e le sue croci48, e il bene che le sue malattie gli impediscono di fare! Il fatto è che il buon Dio giudica che egli faccia più bene stando con Gesù sulla croce… Ciò è messo in piena luce da due righe di San Giovanni della Croce: “È proprio nel momento del maggior annientamento che il Salvatore salda completamente il debito dell’uomo pervertito e realizza la nostra redenzione” Quanto meglio esiste sulla terra per fare il bene è la croce! E noi non possiamo trovare di meglio che Nostro Signore49

[L’11 aprile padre Guérin scrive a Charles una lettera che vale la pena presentare come testimonianza della relazione di autentica comunione tra i due:]

Uargla, 11 aprile 1908

Mio carissimo Padre e amico, come avrà saputo da qualche rigo che le ho messo alla posta a El Golea, sono in viaggio da più di un mese, per tornare anzitutto da El Golea a Ghardaia, a cercare il caro Padre Mercui, ex direttore del nostro Noviziato che ha visto a Maison-Carrée, e che è terzo assistente della società. Monsignore lo ha incaricato di fare la visita dei nostri tre insediamenti del Sahara. Dopo essere rimasto una decina di giorni con lui a Ghardaia, siamo andati a passare una settimana circa a El Golea ed eccoci arrivati ieri sera qui, per festeggiare San Leone, festa di mons. Livinhac e passare la settimana santa.

Questi viaggi mi hanno impedito da un po’ di tempo di scriverle– salvo due righe, otto giorni fa – eppure, carissimo amico, ho fretta di dirle quanto sarei contento di avere sue notizie perché, non avendo ricevuto nulla dalla sua lettera di fine gennaio dove mi annunciava la sua malattia, sono molto inquieto sul suo conto, lo immagina, e aspetto con impazienza la conferma del suo miglioramento. Mi rassicura in questa stessa lettera della fine di gennaio, mi chiedo però se quest’inizio di miglioramento fosse ben reale e se non l’abbia esagerato lei stesso per tranquillizzarmi…

La prego, carissimo amico, scrivendomi, voglia essere del tutto sincero per quanto concerne la sua salute, sarà la migliore maniera di tranquillizzarmi, qualunque siano del resto le notizie, buone o cattive, che mi avrà inviato. In più, lo sa bene, le notizie che mi dà saranno sempre buone, perché saranno quelle che piacciono alla provvidenza, e perché da tanto tempo mi sono unito, nei suoi confronti, all’atto completo d’abbandono che lei ha fatto a Dio di tutto quello che la riguarda.

Rinnoverò in modo tutto particolare queste disposizioni d’abbandono durante questa settimana di preghiere preparatorie alla festa di Pasqua.

…Ho appena ricevuto una risposta da Roma a proposito del mantenimento della santa Riserva nel suo oratorio. Come le avevo scritto precedentemente, da quando la mia attenzione è stata attirata su questo punto, è assolutamente impossibile prospettare d’ottenere quest’autorizzazione, perciò le sarà necessario di fare il grande sacrificio di custodire presso di sé la divina Presenza, poiché non ho personalmente nessun diritto per autorizzarla. Non dubito comunque che il buon Dio s’incarichi di risarcirla lui stesso, del sacrificio che le sta chiedendo così e, se Egli la priva della sua Presenza reale nel Sacramento, sarà solo per farle gustare di più l’offerta quotidiana del santo Sacrificio, come pure la Presenza, altrettanto reale, nell’anima con la sua grazia.

L’impossibilità per lei, nelle circostanze in cui si trova, di mantenere la santa Riserva le ridarà forse più facilità per irradiare, che so io? Il buon Dio può avere – o piuttosto ha certamente – in tutto questo delle vedute provvidenziali. Io le adoro, fin d’ora, senza conoscerle…

…Padre de Chatouville aggiunge quaranta scatole di latte, e dodici scatole di cacao. L’acquisto e il porto di queste ultime sono stati pagati da un benefattore che si raccomanda insistentemente alle sue preghiere.

Quanto alla Somma di San Tommaso, ve l’hanno aggiunta e direttamente da Roma… Credo che non sia ancora arrivato niente qui da Biskra. Per quanto si faccia con rapidità, carissimo amico, alla distanza in cui è, si deve armare d’una pazienza quasi infinita, per aspettare quello che desidera di più.

Buona e santa festa di Pasqua!50

 

[Fin dai tempi di Beni-Abbès fr. Charles ha intuito l’importanza della presenza di laici evangelizzatori, pronti soprattutto a vivere il Vangelo nella loro esistenza di tutti i giorni, al modo di Priscilla e Aquila, la coppia di collaboratori di Paolo (cf. Rm 16,3; 1 Cor 16,19; 2 Tm 4,19; At 18,26). A Tamanrasset l’intuizione si precisa, visto anche l’arrivo, in seguito alla “pacificazione” francese, di commercianti arabi di una tribù di “marabutti”, che, oltre a vendere a prezzi esorbitanti, diffondono un islamismo integrista, mentre commercianti francesi si spingono sempre più a Sud solo per sfruttare e smerciare alcool 51…. Durante il ritiro del settembre 1907, per la prima volta gli era venuto in mente di dare inizio a una vera e propria associazione, con spirito e organizzazione propria, come scrive a padre Guérin il 1° giugno 1908 52. Pur continuando a cercare un compagno prete, d’ora in poi dedicherà tutte le sue energie al progetto dei “Priscilla e Aquila”.]

[1] CT, p. 45-47.

[2] CS, p. 411. Guérin permette anche di avere il Santissimo senza lampada, visto che, per olio e stoppini di riserva per un anno, ci vorrebbero “quaranta o cinquanta giornate di cammello” … (CS, p. 379).

[3] Canadese, nata nel 1870, superiora delle Suore Bianche di Ghardaia, è lì che conobbe fr. Charles nel dicembre 1904, chiedendogli una direzione spirituale, anche perché attratta da una vita più contemplativa. Finirà, dopo successive responsabilità, col lasciare la congregazione nel 1916.

[4] Ct 3, 11.

[5] CS, p. 969-972.

6 Uomini religiosi, uomini di Dio, membri di confraternite musulmane.

7 In realtà non potrà andarvi mai. Del resto, nel suo caso, Charles non si sente obbligato al precetto della confessione annuale (CS, p. 375 e 384-85). Dalla fina del 1913 alla morte non vedrà un prete.

8 Si noti il tempo che occorreva per la posta, che partiva irregolarmente per occasione. Dalla primavera 1908 comincerà il servizio regolare di un corriere più o meno ogni mese e dal 1910 due volte al mese.

9 CS, p. 382-86.

10 Procedendo nella conoscenza della lingua, e con informazioni più corrette, si renderà sempre più conto della cattiva traduzione e, mentre cerca di perfezionarsi, non avrà più il tempo di una correzione finale

11 Dimostrerà diverse volte più fiducia nella presenza delle donne, più discrete rispetto all’evangelizzazione e più propense alle relazioni e ai servizi, rispetto ai missionari uomini.

12 Come si è già accennato, cominciò a chiamare così i fratelli attesi, per non attirare l’attenzione (la posta poteva essere aperta…).

13 Mt 13, 32 e ss. La lettera, come al solito molto lunga, si trova in CS, p. 403-410.

14 Si illude. Scoprirà che è una lingua molto più complessa e ricca di quanto credesse.

15 LMB, 126-127.

16 Adolphe de Calassanti-Motylinski (1854-1907), interprete militare, che Charles aveva conosciuto nel 1881 a Mascara, ritrovato nel 1885 a Ghardaia e rivisto poi a Parigi

17 L’aveva fatta ufficialmente Laperrine, per dare una mano all’amico, sfidando le leggi.

18 LMB, p. 128. Sarà il gruppo di “infermiere laiche” di Suzanne Garde che, per primo, seguirà nel 1923 Charles de Foucauld, fondando, nella diocesi di Orano il Gruppo Charles de Foucauld di «infermiere laiche» al servizio dei musulmani. Varie vicende e spostamenti porteranno il Gruppo in Francia nel 1962, dove continua facendo accoglienza di persone in difficoltà.

19 BACDF, n. 145, janvier 2002, p. 7-8.

20 Dopo quel primo viaggio a Nord, si trova lungo il cammino di ritorno.

21 Arabo-tuareg, fu il secondo informatore di cui si servì fr. Charles per lo studio della lingua dei Tuareg.

22 In realtà, come gli farà notare p. Guérin, non ha il permesso, anche con l’eventuale celebrazione, di conservare le specie eucaristiche. Lo otterrà l’ultimo anno di vita.

23 Con René Basset (1855-1924), direttore della Scuola di Lettere ad Algeri e poi Preside della Facoltà di Lettere, Charles intrattenne un’importante corrispondenza proprio in quanto editore dei suoi studi linguistici, rifiutando fino alla fine categoricamente (e anche per dopo la morte!) di far apparire il suo nome e attribuendo tutto il lavoro all’amico scomparso. Cf. FD, p. 73-75. Con padre Guérin che lo spingerà a pubblicare col suo nome per far onore alla Chiesa, scriverà: “Quello che dice sarebbe probabilmente vero per un Padre Bianco, non lo è per me, votato alla vita nascosta di GESÙ a Nazareth, alla sua oscurità, al suo silenzio” (lett. del 6 marzo 1908, CS, p. 607).

24 CS, p. 526-31.

25 Cf. lettera del 22 luglio 1907 a padre Guérin, in CS, p. 535-543. Musa non riuscirà nel suo intento per la situazione di siccità, la necessità di allontanarsi, e per i successivi avvenimenti della guerra.

26 La lettera presente è tratta dal vol. di George Gorrée, Au service du Maroc. Charles de Foucauld, Grasset, Paris 1930, p. 177-182.

27 Più nei progetti che nella realizzazione.

28 Approfittando della calma, ha fatto un ritiro dal 30 agosto all’8 settembre, di cui parlerà in seguito (cf. CS, p. 622 e ss.).

29 Quando riceverà la notizia del permesso di celebrare da solo e dirà di nuovo la messa, il 31 gennaio 1908, “griderà” nel taccuino personale: “Deo gratias! Deo gratias! Deo gratias! Domani potrò dunque celebrare la santa Messa: Natale! Natale! Grazie, mio Dio!” (CT, p. 87).

30 “Nell’angoscia dei tempi” (Dn 9, 25). Citerà spesso quest’espressione.

31 CS, p. 552- 61.

32 Cf. lettera a don Huvelin del 22 novembre 1907 (LAH, p. 222-225).

33 LMB, p. 137.

33 Dal Natale 1886, il 1° Natale dopo la conversione.

34 P. Guérin gli farà sapere che non ne ha il permesso… e rimarrà senza Presenza eucaristica.

35 LMB, p. 140-141.

36 Il libro che avrebbe voluto che fosse scritto da un laico, preferibilmente René Bazin, in forma attraente per invogliare ad interessarsi e sentirsi responsabili dei popoli colonizzati (cf. LAH, p. 224-225).

37 LAH, p. 226-227.

38 Il giorno in cui si staccò dalla famiglia per partire alla Trappa, il 15 gennaio 1890.

39 Queste parole nell’originale sono scritte l’una sotto l’altra.

40 A Nazareth Foucauld aveva scritto, in un quadernetto che portava sempre con sé, un breve “ritratto” di Gesù composto di frasi dei Vangeli, che aveva intitolato Il Modello Unico, che il 20 aprile 1906 aveva inviato a don Huvelin, insieme all’immagine della Sindone da mettere in copertina, perché lo facesse pubblicare (cf. LAH, p. 209-212). In realtà fu pubblicato da altri nel 1935.

41 Camille de Chatouville, di Bordeaux (1871-1927), avendo espresso il desiderio di seguire fr. Charles, ne aveva ricevuto una copia manoscritta delle Costituzioni del 1899-1901, anche se incarichi a livello generale glielo impedivano. Solo nel 1926, a dieci anni dalla morte del fratello, fu autorizzato a fare il tentativo di metterle in pratica come “monaci-missionari” insieme ad Albert Peyriguère a Ghardaia, nel Sahara. Il tentativo fallì per l’eccessiva austerità prescritta e Chatouville morì entro appena un anno. René Voillaume racconta come nel 1927, già incamminato a seguire Charles de Foucauld, attraverso i Padri Bianchi, ebbe la possibilità di leggere quella copia delle Costituzioni, che lo entusiasmarono (cf. Charles de Foucauld et ses premiers disciples, Bayard-Centurion, Paris 1998, p. 136 e ss.).

42 CS, p. 576-79.

43 CT, p. 87.

44 Lettera a padre Guérin del 24 gennaio, CS, p. 591. Padre Guérin gli scriverà anche: “Temo più lei, caro amico, di quanto tema i Tuareg. Le chiedo perciò insistentemente, caro amico, di approfittare per lei, e non soltanto per distribuirli agli altri, dei viveri che le sono inviati dall’affetto dei suoi amici…” (CS, p. 598).

45 Cf. CT, p. 87 e LMB, p. 143.

46 Termine berbero che significa segretario-interprete. Sarà con quest’aiutante di Musa, di nome Ba Hammu, l’ultimo e più corretto informatore per i lavori linguistici; con lui spera di rivedere la traduzione dei Vangeli, che riconosce imperfetta, e di tradurre qualche altro brano della Bibbia (come scrive nel seguito della stessa lettera).

47 CS, p. 603-6. Nella stessa lettera, più avanti, spiega che d’ora in poi c’è un servizio postale attraverso tutto il Sahara e passa per l’Hoggar all’inizio di ogni mese lunare: potrà dare e avere notizie regolari! (p. 610).

48 Parla di don Huvelin, sempre ammalato.

49 LMB, p. 143.

50 CS, p. 612-614. Charles otterrà il permesso di custodire l’Eucarestia il 12 giugno 1914 (cf. CT, p. 298; SG, 261), ma non avrà mai il permesso di esporla.

51 Cf. CS, p. 416-417, ecc. In altre occasioni sono certi militari che fanno “arrossire” fr. Charles, come la colonna venuta da Tobuctù che si scontra con Laperrine ai pozzi di Timiauin nell’aprile 1904. Siccome ha saputo che “fanno razzie, saccheggiano, maltrattano, rubano al loro passaggio” e sembrano “rapinatori, banditi, filibustieri”, annota nel diario. “dopo aver fraternamente stretto loro la mano all’arrivo, partirò domani senza dir loro addio, perché non voglio venire a patti con queste infamie” e aggiunge: “Temo che questo grande impero coloniale conquistato da qualche anno, che potrebbe e dovrebbe partorire tanto bene, bene morale, vero bene, sia attualmente per noi nient’altro che causa di vergogna, ci dia occasione di arrossire davanti agli stessi selvaggi, faccia maledire il nome francese et purtroppo il nome cristiano, renda queste popolazioni già miserabili più miserabili ancora…” (CBA, 97-99).

52 Cf. CS, p. 622. Questa lettera de l1° giugno 1908, molto densa, copre le p. 617-625.

 

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